Germogli di speranza.
La seconda domenica di Avvento ci invita a rialzare lo sguardo e a riconoscere i segni della speranza che già germogliano nella nostra storia. Isaia annuncia un germoglio che nasce dal tronco di Iesse: fragile, inatteso, eppure capace di inaugurare un mondo nuovo, dove giustizia, pace e riconciliazione non sono più sogni lontani, ma frutti possibili dello Spirito che riposa sul Messia. L’immagine degli animali riconciliati diventa così promessa di un’umanità rinnovata, finalmente pacificata.
Paolo ci ricorda che questa speranza non è ingenua: cresce nella perseveranza, nell’ascolto delle Scritture e nella consolazione che esse donano. È una speranza che si fa stile di vita quando impariamo ad accoglierci gli uni gli altri, come Cristo ha accolto ciascuno di noi. L’Avvento, allora, non è solo l’attesa di un evento futuro, ma un cammino di unità e di misericordia, un tempo in cui lasciar maturare scelte nuove nelle nostre relazioni e nelle nostre comunità.
Nel Vangelo, Giovanni il Battista rompe ogni abitudine e ci richiama all’essenziale: per preparare la via al Signore non bastano appartenenze o tradizioni, occorre una vera conversione del cuore, capace di generare frutti concreti. La sua voce, forte e libera, risuona anche oggi come invito a raddrizzare i sentieri interiori, a rimuovere ciò che ostacola l’incontro con il Dio che viene.
In questa liturgia chiediamo uno sguardo nuovo, capace di riconoscere il germoglio della pace, e un cuore disposto a camminare con decisione sulla via della conversione, perché il Signore, che è vicino, possa trovare in noi una terra buona.